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FORME CARSICHE

Si trovano ai piedi del monte san Martino, appartengono al complesso carsico delle grigne.

Si trovano in un punto panoramico che permette di abbracciare con lo sguardo la città di Lecco e la valle del fiume Gerenzone.

La roccia della zona è unica e si chiama conglomerato di Laorca. È composto da ciottoli arrotondati dall’azione erosiva, che si sono accumulati probabilmente a causa di una frana e che in seguito si sono cementati e compattati. 

Il conglomerato di Laorca ha una matrice calcarea e per questo è soggetta al fenomeno del carsismo.

Il carsismo è un fenomeno erosivo in cui l’acqua piovana, che contiene disciolta l’anidride carbonica, altera chimicamente il substrato calcareo e ne trasforma numerose porzioni, fino a creare grotte, fiumi e gallerie sotterranee. Questo fa sì che il territorio del lecchese, costituito per la maggior parte di roccia calcarea sia molto ricco di acque sotterranee.

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In tutte le grotte sono presenti anche stalattiti e stalagmiti, come si formano?

La pioggia ricca di anidride carbonica, scioglie il carbonato di calcio che incontra nel suo percorso sottoterra: quando la gocciolina arriva sul soffitto della grotta deposita nuovamente il carbonato di calcio e forma così la stalattite. Cadendo sul pavimento, deposita altro calcare formando la stalagmite.

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Chimicamente ciò che accade è la dissoluzione delle rocce calcaree (erosione chimica) e la deposizione del carbonato di calcio, che è regolata da una reazione di equilibrio tra carbonato di calcio (poco solubile) e bicarbonato di calcio (molto solubile)

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LE ROCCE E LE ACQUE DEL SISTEMA DELLE GRIGNE

Escursionisti e alpinisti che percorrono la Grigna Settentrionale sanno che sulla superficie della montagna si trovano tante piccole fratture ma anche veri e propri “buchi” che scendono in profondità. Gli speleologi stanno da tempo esplorando tutte queste cavità sotterranee per capire quante siano e come siano collegate tra loro.

 

Alcune di queste grotte hanno sviluppi di diversi chilometri e profondità che superano i 1000 m: questo fa del Grignone una delle aree carsiche più importanti d’Italia, con alcune delle grotte più profonde d’Europa.

L’acqua di pioggia che cade sul bacino idrografico del Gerenzone incontra rocce fratturate molto permeabili, che tendono a far penetrare l’acqua nel sottosuolo più che a lasciarla scorrere in superficie. L’acqua reagisce chimicamente con le rocce che si disgregano e creano tantissime cavità interne nelle quali l’acqua stessa si accumula. 

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Le grotte che vediamo a Laorca sono una manifestazione visibile di tutto il sistema di cavità interne che caratterizza le Grigne.

Le sorgenti che si incontrano lungo le sponde del Gerenzone sono a loro volta il punto di emersione delle acque di questo sistema nascosto di grotte.

Le acque del Gerenzone, che sgorgano in val Pozza, si arricchiscono lungo l’asta fluviale di tanti apporti di altre sorgenti. Inoltre ricevono le acque del torrente Calolden, che scende dai Resinelli e riceve le acque superficiali e sotterranee del bacino delle Grigne.

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LA PROVENIENZA DEL FERRO 

La Valle del ferro trovò facilmente la sua vocazione perchè fin dal medioevo erano state scoperte rocce ricche di minerali ferrosi nelle montagne del circondario. I ritrovamenti più antichi sono stati portati alla luce ai Piani d’Erna, mentre in seguito la Valsassina svelò altre zone ricche di questo metallo, molte delle quali nell’area premanese. 

La disponibilità della materia prima nel territorio circostante, la capacità estrattiva e la capacità di purificare la roccia estraendo il minerale, permise di sviluppare il processo di base; in seguito si svilupparono anche le lavorazioni per ottenere fili e barre, da cui ottenere attrezzi agricoli e altri prodotti come le reti metalliche. Più in generale, si sviluppò la capacità di produrre moltissimi tipi di minuterie metalliche, con applicazioni nei campi più svariati. L’abilità degli operai crebbe costantemente, con il tempo la vallata divenne famosa e attraeva manodopera anche da lontano. 

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La capacità produttiva crebbe così tanto che ad un certo punto fu necessario importare da fuori anche la stessa materia prima e ben presto si imparò a riciclare gli scarti/rottami metallici delle attività produttive. Alla fine dell’800 il distretto del ferro contava decine di opifici e fucine lungo il fiume, che crebbero anche nel ‘900 in tempo di guerra, grazie alla capacità di produrre oggetti per l’industria bellica. Poi alcune attività cominciarono a  trasferirsi: gli spazi della vallata erano troppo ristretti per consentire di movimentare barre metalliche e rotoli di vergella di grandi dimensioni. Pertanto il processo di delocalizzazione riguardò tante delle attività storiche nate e cresciute lungo il fiume. Oggi queste attività si trovano nelle zone industriali del lecchese, come a Valmadrera, Olginate, Calolziocorte, Brivio, fino a Sesto San Giovanni, solo per fare qualche esempio.

LA GRANDE LECCO

La città di Lecco che conosciamo oggi è nata dall’unificazione dei tanti piccoli comuni separati che esistevano in precedenza. Oggi quei piccoli comuni sono diventati i diversi rioni della città, caratterizzati da un centro storico caratteristico, fatto di strade strette e case vecchie. Nel documento è spiegata la fase di unificazione avvenuta tra il 1923 e il 1924.

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